Non si può non raccontare questo incontro.
Tra spighe di grano ci ritroviamo a tu per tu con un casale ancora solido nello spirito, anche se lasciato a se stesso. Un camino grande al piano terra, in quelle cucine spaziose e antiche.
Il verde è entrato ovunque.
La scala ci porta al primo piano, una finestra che si apre sui campi. Rimarrei qui per ore immaginando tempi lontani. Nero alle pareti, sotto la fuliggine si intravede una carta ingiallita e fiorata.
Poi un bagno rosso, un albero cresciuto dal pavimento. Tutto intorno erba, spighe, cielo.
Luigi lo incontriamo poco più avanti, seduto seraficamente sotto un portico. Ci racconta, con fare ironico, che ci troviamo nei 120 ettari della tenuta Torlonia, per i quali lui lavora dal 1962. Il casale dove si trova lui è bellissimo, semplice, silenzioso. Sotto un nespolo mangiato dalle intemperie, ascoltiamo una storia che si ripete.
Luigi ci racconta dell’abbandono di queste terre, da vent’anni lasciate senza cura.
Poco oltre, su terreni che appartenevano alla tenuta, le case avanzano e cancellano senza freni.
Nessuno se ne cura.
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